Unmanned Vehicles, UAV e UAS: tra il presente e il futuro del mondo military

svitlana
Isoclima

06/06/2025

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Come azienda produttrice di soluzioni trasparenti ad alte prestazioni per il settore difesa e sicurezza, nel primo trimestre del 2025 abbiamo partecipato ad Enforce Tac, uno dei più acclamati eventi del mondo Military. Vogliamo cogliere proprio questa occasione per porre l’attenzione su Unmanned Vehicles, UAV e UAS, una categoria di tecnologie che ha conquistato un ruolo centrale anche nei dibattiti specialistici dell’evento.

Nel contesto della sicurezza e della difesa, si sente spesso parlare di queste terminologie, ma nella quotidianità accade che non si sappia a che cosa facciano riferimento. Gli Unmanned Vehicles si possono definire come veicoli senza equipaggio, una categoria che include mezzi aerei (UAV), terrestri (UGV), marini (USV) e subacquei (UUV), utilizzati per missioni in cui la presenza umana sarebbe rischiosa o inefficiente. Gli UAV (Unmanned Aerial Vehicles), noti anche come droni, sono veicoli aerei privi di pilota a bordo, impiegati in operazioni di sorveglianza, monitoraggio e intervento. L’ultimo termine UAS (Unmanned Aerial System), invece, fa riferimento all’intero sistema che comprende il drone stesso, la stazione di controllo a terra, i software e tutte le tecnologie di supporto necessarie al funzionamento. Questi sistemi, oggi, sembrano rappresentare una componente fondamentale delle strategie moderne di difesa e sicurezza.

Nell’ambito militare, la categoria che nel tempo è stata in grado di evolversi ed innovarsi più velocemente delle altre è proprio quella dei droni. Il primo, ad uso difensivo, risale al 2001: il Predator, un mezzo statunitense molto grande con un’architettura elementare ispirata a quella dei bersagli utilizzati durante le prove dei combattimenti. Inizialmente questo mezzo era privo di qualsiasi armamento ed era utilizzato come estensione dell’occhio umano, per riuscire a raccogliere informazioni a distanza.

Per provare ad immaginare un Predator in azione e le motivazioni che hanno spinto il sistema ad armare questi mezzi, è sufficiente pensare all’intervento della CIA in Medio Oriente che mentre cercava di estrapolare informazioni sugli spostamenti dei Talebani, fu costretta ad assistere agli agguati degli stessi, in Afghanistan, senza poter far nulla per fermarli. Negli anni successivi, infatti, vengono studiate soluzioni che hanno trasformato i droni in un mezzo rivoluzionaro per la lotta al terrorismo senza una diretta presenza sul campo di forze militari.

In questo contesto a guadagnarsi il titolo di pionieri sono i Turchi, che per primi sono stati in grado di ridurre dimensionalmente i droni rendendoli dei mezzi più leggeri e discreti in volo, nonché più efficienti. Sul mercato, erano venduti ad un prezzo più conveniente rispetto ai diretti concorrenti americani ma soprattutto non erano riservati solo ad una nicchia. Grazie all’innovazione turca, gli Unmanned Aerial Vehicles sono entrati a far parte in modo massiccio del contesto militare, trasformandosi in un’ineludibile dotazione per l’esercito.

L’ultima evoluzione, chiamata Drago, è stata adottata anche nei più recenti conflitti. Per rendere l’idea della quantità dei mezzi adottati, si stima che ogni chilometro siano oltre 100 i droni che silenziosamente sorvegliano il territorio, pronti ad attaccare i propri bersagli.

Dagli UAV il mondo military è passato ad integrare, nel proprio team, anche piccoli robot terrestri che hanno sia il compito di portare rifornimenti e cure nei campi di battaglia ma anche spargere mine, evolvendosi da semplici assistenti logistici in strumenti attivi di offesa sul campo. Un aspetto da sottolineare, è come i mezzi terrestri diventino diretti bersagli per i mezzi aerei, costruendo una rete di misure e contromisure d’azione molto sofisticata, che ha l’obiettivo di minimizzare la presenza nemica. La stessa rete è organizzata anche per i droni impiegati nell’ambiente marino, dove alcuni sono destinati all’attacco, altri alla protezione dei mezzi che attaccano, ed altri ancora, al recupero dei mezzi attaccati.

Ciò che rende altamente diffusa la loro presenza è il basso costo d’acquisto e la loro semplicità d’utilizzo. Caratteristiche che non vanno assolutamente sottovalutate, in quanto sono il motivo per cui sono sempre più usati da gruppi terroristici e mafiosi.

Ma il futuro non si prospetta più roseo, perché in terra turca, sono già in corso studi avanzati per lo sviluppo di caccia da combattimento completamente autonomi, capaci di eseguire manovre un tempo impensabili per un pilota umano. Un’anticipazione concreta di un futuro che è già realtà.

In uno scenario in continua evoluzione, in cui la tecnologia si intreccia con le esigenze operative, gli Unmanned Systems rappresentano non solo un’opportunità strategica, ma anche una sfida etica e di gestione. La loro diffusione capillare e il costante perfezionamento delle prestazioni pongono il settore della difesa davanti a nuove responsabilità, tra cui quella di garantirne un impiego controllato e mirato.

Come sottolineava il celebre reporter di guerra Robert Fisk: «La guerra è diventata una questione tecnologica. E più la tecnologia si perfeziona, più diventa facile dimenticare che al centro restano sempre delle vite umane.» Una riflessione che oggi risuona più attuale che mai, soprattutto nell’ambito dei sistemi senza equipaggio, dove l’automazione rischia talvolta di offuscare il peso delle decisioni.

Guardando al futuro, diventa fondamentale mantenere vivo il dialogo tra industria, istituzioni e ricerca, affinché l’innovazione non diventi mai fine a sé stessa, ma continui a essere un mezzo per un mondo più sicuro e consapevole.

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